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Gli arredi di Villa della Regina – I commessi in pietre dure

  • Writer: Simone Fiammengo
    Simone Fiammengo
  • 4 days ago
  • 4 min read

Uno degli arredi più in voga nel XVII secolo i commessi in pietre dure, ovvero tavoli composti da una serie di marmi colorati o pietre semi preziose disposti in modo da formare decori e figure. È risaputo che nei palazzi sabaudi erano presenti commessi in marmo tardo cinquecenteschi di gran pregio, acquistati nel tempo in gran numero. Ad esempio, nell’inventario del Castello del Valentino, datato 1677, sono attribuiti alla duchessa Cristina di Francia una serie di tavolini intarsiati con marmi rari “una tavola di marmore bianco con lavori negli angoli ed in mezzo un giuoco di Dame, col suo piede rustico a sei angoli”.  


Il cardinale Maurizio di Savoia, molto attento alla moda e raffinato collezionista, comprò una serie di tavoli e oggetti eseguiti con questa tecnica per arredare la sua “Vigna” (attuale Villa della Regina) sulla collina fuori Torino. Il commesso nasce nella seconda metà del XVI secolo a Firenze, in seguito alla moda delle tarsie marmoree, derivate dal recupero umanistico della tecnica romana dell’opus sectile. La tecnica del commesso utilizza marmi colorati e pietre dure (spesso derivanti da riutilizzo di marmi di epoca romana) ritagliate secondo i contorni delle figure, con un risultato molto vicino alla pittura. Il commesso marmoreo (usato anche a Roma ma quasi esclusivamente come rivestimento architettonico), diventa a Firenze una raffinata tecnica artistica con la quale si realizzano arredi sontuosi: piani di tavolo, paliotti, stipi, arredi liturgici, e anche copie perfette di quadri. In Italia si vengono, quindi, a creare due scuole: quella romana che predilige i marmi e le forme astratte, mentre la scuola fiorentina preferisce le pietre dure con cui vengono realizzate con effetti pittorici bellissime composizioni di soggetti naturalistici con fiori, animali e frutti. Ben presto i Medici colgono l’eccezionale bellezza ed unicità di quest’arte, che definiscono “pittura con la pietra”, tant’è che nel 1588 Ferdinando I° de’ Medici istituisce a Firenze l’Opificio delle pietre dure, riunendo in un’unica manifattura di Stato i vari artigiani attivi per la Corte fiorentina, in particolare mosaicisti ed intagliatori di pietre dure. In questo modo solo la famiglia granducale potrà commissionare opere in commesso, nome derivante dal latino “committere”, ovvero “mettere insieme”.


Come si creava un commesso in marmo o pietre dure? Per prima cosa veniva realizzato un disegno preparatorio del soggetto da realizzare. Successivamente venivano scelte le tipologie di pietre da usare per dar corpo all’opera: porfido, graniti colorati, lapislazzuli, giallo Siena, diaspro siciliano, marmi, calcedonio e molto altro ancora. Spesso, visto la rarità di alcuni marmi e graniti, erano impiegate pietre di recupero dalle antiche rovine romane. Una volta scelte le pietre, queste venivano tagliate seguendo le linee del disegno preparatorio tramite l’utilizzo di un filo metallico. Le sezioni di pietra così preparate venivano poi incastrate le une con le altre come in un puzzle e incollate sulla superficie di supporto, di solito di marmo anch’essa. Il lavoro si concludeva con la lucidatura della superficie. Come alternativa ai commessi in pietre dure, visto l’alto costo e i lunghi tempi di produzione, la committenza ripiegava spesso verso la scaiola. Surrogato più economico e di veloce realizzazione, ma non privo di virtuosismo artistico (vedi articolo: “Arredi a Villa della Regina – I piani in scaiola”).


Grazie agli inventari di Villa della Regina, sono stati scoperti alcuni oggetti realizzati con questa tecnica oggi non più nella residenza a causa dei passaggi di proprietà. Al gusto di Maurizio di Savoia e di sua moglie Ludovica di Savoia si possono attribuire una serie di arredi commissionati o acquistati direttamente, come ad esempio la “tavola di compositione a ottangolo” citata nell’inventario dell’eredità del Cardinale nel 1657, oggi al Quirinale. Seguendo questa traccia si può trovare un’altra tavola rettangolare, che però è stata divisa in due parti, probabilmente già alla fine del XVII secolo, per essere usate come piano d’appoggio per due consoles dorate oggi alla Palazzina di Caccia di Stupinigi. Ma è nell’inventario redatto nel 1755 dove si trovano le maggiori informazioni sui commessi in pietre dure che erano ancora presenti alla Villa. Si tratta di “due tavole di marmo negro di Como con fiori, e frutti di pezzi di marmo giallo di Verona con un’ovale di marmo Labecchio negro, e giallo in mezzo rappresentate un Paesaggio in color celeste, sostenuto da’ loro piedi a quattro colonne, crociera, e vaso in mezzo colorito di griggio proffilato d’oro”, la decorazione naturalistica con i tralci di vite con i mazzi di fiori e il paesaggio sono chiaramente di metà seicento, mentre il sostegno ligneo non quello originale creato insieme alla tavola, ma è più tardo verso la fine del secolo. Un altro interessante oggetto testimone del gusto per le pietre dure è un cofanetto presente nel citato inventario che si trovava nella camera da letto verso ponente dell’appartamento della Regina: “una cassetta d’ebano ornata al di fuori di fiori, e frutti di pietre di rilievo di varj colori con cornicette dorate”. I frutti in pietre dure di varie qualità molto probabilmente sono dell’opificio fiorentino dove esistevano degli artigiani specializzati nella creazione di frutti, che si acquistavano per applicarli a strutture lignee di fattura corrente. Un altro pregevole commesso in pietre dure è una raffigurazione di “Cristo con la Samaritana”, di manifattura medicea.


Questi sono gli unici commessi in pietre dure e marmo noti tramite gli inventari, ma molto probabilmente ne erano presenti altri, andati irrimediabilmente perduti. Questi arredi ci danno ulteriore testimonianza di come la “Vigna” del Principe Cardinale Maurizio fosse un piccolo scrigno di tesori arredato con gusto e raffinatezza.

 
 
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